venerdì 23 gennaio 2009

Veleggiare e vagare
Tra un soave ondare 
di cielo e mare.
Così trovo senza cercare 
mondi senza nome, 
idee non ancora nate, 
gioie non provate.

mercoledì 7 gennaio 2009

Lugubre curiosità

Avevo circa 20 anni ed avevo navigato tra mille filosofie. Una ricerca instancabile e tragica. Infruttuosa. Fatta di reciproche contraddizioni. Terra e cielo si mischiavano in pindarici sillogismi, che potevano dimostrare ogni cosa. Essere e non essere, caos e ordine, razionalismo contro irrazionalismo, magia contro scienza. Non trovai nulla che mi spingesse oltre i confini del pensiero.

Ero giunto al limite del sopportabile era tutto eccessivamente e noiosamente antropocentrico. Il pensiero mi si appesantiva e parimenti la noia di vedere tutto uguale e ripetitivo.

La filosofia ed il pensiero erano morti. Fu la consapevolezza di questa morte che aprì i confini. Fu in quel momento che decisi di morire la prima volta. La morte era l'unica soluzione per superare la mia umanità. La filosofia e la religione avevano ormai teorizzato tutto il possibile sulla vita e fantasticato oltre ogni limite sulla morte. La morte era fuori dalla conoscenza, era inconoscibile.

Solo se fossi morto avrei potuto conoscere la morte, ed attraversare l'unica parte di universo veramente inesplorata, dove non si poteva arrivare. Tutto ciò che il pensiero non spiegava o comprendeva veniva delegato alla morte. Nessuno chiamava morte la morte. Era un passaggio, un trapasso, una "miglior vita ", un andarsene.

Io volevo morire per conoscere la morte ero giunto alla curiosità estrema di privarmi dell'esistenza.

Esclusi una morte violenta e decisa, volevo sentirla arrivare, la volevo percepire lentamente mentre si faceva carico della mia esistenza. Volevo parlare con la morte.

Iniziai un lungo viaggio in cerca della morte attraversai le vecchie piste dei mahori, percorsi la strada lenta e faticosa per incontrarla.

Mi accolse alla fine del viaggio, non era un nera signora, no aveva una falce. La morte aveva il mio volto. La morte era viva in me già durante la mia esistenza. La morte esisteva in me dalla nascita, aspettava solo di essere manifestata. L'abbandono e l'addio alla vita non fu doloroso, né liberatorio, Il mio corpo non si dissolse, la mia anima non volò via. La morte mi accolse .

Un interminabile istante senza tempo in cui raccolsi pensieri e ricordi , la mia sete di conoscenza, chiese di non dimenticare. Ma non potevo ugualmente percepire questo nuovo mondo, non avevo il pensiero, non avevo immagini conosciute, ero privo di categorie. Mi mancava l'idea delle cose .

Vedevo, sentivo, toccavo, ma nulla di ciò che avevo intorno , aveva un nome. Non era il nulla, ma era l'annullamento del potere di conoscere.

Ero in questa specie di mondo, privo di riferimenti , in teoria ero morto ma non ero certo, il mio pensiero era lì vigile , ma ingabbiato , fuori contesto. Non avevo spazio , o tempo, o almeno non li sentivo. Mi muovevo in questo nuovo mondo in qualche modo quasi inconsapevole, guidato da una forza sconosciuta e misteriosa. Ciò che sentivo iniziava ad essere familiare, ciò che gustavo iniziava ad avere sapore, senza nome , ma percepivo. Una progressione inconsapevole del tempo, mi fece continuare ad esistere.